Poliomielite: cause, sintomi e importanza del vaccino

2022-08-27 18:07:36 By : Ms. Kelsi Yan

Pubblicato il 13.07.22 di Monica Vaccaretti Aggiornato il 12.07.22

Infiammazione del midollo spinale grigio. È il significato di poliomielite, una grave infezione acuta altamente contagiosa e trasmissibile per contatto diretto. Si tratta di una malattia infettiva causata da un poliovirus della famiglia degli enterovirus.

Nota anche come “polio” o “paralisi infantile”, è una patologia a carico del sistema nervoso centrale che colpisce prevalentemente i neuroni motori del midollo spinale. Fu descritta per la prima volta nel 1789 dal medico inglese Michael Underwood, quando fu registrata la prima epidemia in Europa.

L'ultimo caso segnalato negli Stati Uniti, dove la poliomielite ha raggiunto la maggior diffusione, è stato nel 1989, due secoli dopo. In Italia l'ultimo caso notificato risale al 1982. È stata una delle malattie infettive infantili più temute del XX secolo, quando epidemie di poliomielite hanno paralizzato migliaia di bambini. I casi globali di polio si sono drasticamente ridotti grazie al vaccino, scoperto nel 1950.

La poliomielite è grave ed insidiosa perché ha la capacità di invadere il SNC nel giro di poche ore e, distruggendo le cellule neurali colpite, di causare una paralisi che può diventare totale e permanente nei casi più gravi.

La poliomielite è causata da tre sierotipi di poliovirus. Essi possono causare una malattia minore aspecifica, detta poliomielite abortiva, una meningite asettica senza paralisi, definita poliomielite non paralitica e una paralisi flaccida di vari gruppi muscolari, nota come poliomielite paralitica.

Epidemiologicamente le infezioni asintomatiche e minori sono più diffuse rispetto alle infezioni paralitiche e non paralitiche, tuttavia il sierotipo più frequentemente responsabile delle epidemie di poliomielite è del tipo 1, che causa la paralisi nell'uomo, unico ospite naturale. Solo l'1% dei malati di polio sviluppa la paralisi, il 5-10% sviluppa una forma di meningite asettica, il 90% manifesta una sintomatologia simil influenzale e comune ad altre infezioni virali.

La malattia da poliovirus wild-type di tipo 1, quasi eradicata in tutto il mondo grazie alla vaccinazione di massa, è ancora endemica nelle regioni con vaccinazione incompleta, come l'Africa sub-Sahariana e l'Asia meridionale. Colpisce persone di tutte le età ma si manifesta principalmente nei bambini sotto i 5 anni.

Generalmente la poliomilite è devastante sui muscoli delle gambe e delle braccia che perdono tono muscolare, diventando flaccidi sino alla tetraplegia se l'infezione si estende a tutti gli arti. Se il virus invade il bulbo, i muscoli innervati dai nervi craniali si paralizzano e riducono la capacità respiratoria, di ingestione e di parola dell'individuo colpito.

La trasmissione è oro-fecale e respiratoria. Ci si contagia attraverso l'ingestione di acqua e cibi contaminati e tramite la saliva e il doplets da colpi di tosse e starnuti di soggetti ammalati o portatori sani. Il contagio si diffonde rapidamente senza adeguate misure igieniche.

Dopo essersi moltiplicato nella mucosa gastrointestinale e in quella orofaringea, il virus viene secreto nella saliva e nelle feci e si diffonde nei linfonodi cervicali e mesenterici attraverso la circolazione sanguigna, causando una viremia primaria o secondaria. Se il virus si diffonde e resta contenuto soltanto al sistema reticolo-endoteliale, la viremia è definita primaria o minore. Se il poliovirus si moltiplica ulteriormente insorge una viremia secondaria con sviluppo di sintomi e anticorpi.

Non è ancora noto se il poliovirus genera infezione paralitica, la forma più grave, tramite viremia secondaria oppure mediante migrazione verso i nervi periferici. In ogni caso il virus penetra nel sistema nervoso centrale, causando un danno significativo nel midollo spinale e nel cervello. I nervi maggiormente colpiti dalla paralisi sono quelli che controllano la funzione motoria e autonomica. Il danno prodotto dall'invasione virale primaria aggrava comunque la flogosi generata dall'invasione secondaria, pertanto si instaura un danno neurologico grave.

Secondo l'Oms i principali fattori di rischio predisponenti all'insorgere della malattia sono immunodeficienza, gravidanza, tonsillectomia recente, iniezioni intramuscolari, ferite o lesioni, esercizio fisico vigoroso o esagerato concomitante con l'inizio della viremia nel sistema nervoso centrale.

Presente nella faringe e nelle feci durante il periodo di incubazione e dopo l'esordio dei sintomi, il poliovirus persiste per circa 1-2 settimane nella faringe e per 3-6 settimane nelle feci. La sintomatologia è assente nel 70-75% dei casi di infezione. I sintomi si differenziano secondo il tipo di poliomielite.

Nella poliomielite abortiva, che colpisce soprattutto i bambini piccoli, i sintomi sono lievi e compaiono 3-5 giorni dopo il contagio con una febbricola che dura 1-3 giorni, malessere generale, cefalea, mal di gola e vomito. Non ci sono segni e sintomi neurologici.

Nella poliomielite non paralitica - che colpisce circa il 4% dei casi - il sistema nervoso è coinvolto con una meningite asettica: inizialmente i sintomi prodromici sono tipici della poliomielite abortiva, poi compare torcicollo, mal di schiena, mal di testa che possono persistere da 2 a 10 giorni.

Nella poliomielite paralitica – che ha un'incidenza inferiore all'1% - i sintomi compaiono dopo una prima fase di meningite asettica oppure dopo la risoluzione dei sintomi della poliomielite abortiva. L'incubazione è di circa 7-21 giorni. Si manifesta all'esordio con un dolore muscolare profondo, iperestesie, parestesie sino a degenerare in una paralisi dei muscoli scheletrici. Nella fase attiva della mielite compaiono spasmi muscolari e ritenzione urinaria.

Può progredire in paralisi flaccida asimmetrica con segni encefalici. Ci può essere un coinvolgimento del bulbo se compare disfagia, rigurgito nasale e voce nasale. Se è presente una paralisi faringea si perde il controllo delle secrezioni orali. Il quadro clinico peggiora entro 2-3 giorni e vi può essere compromissione del centro respiratorio e circolatorio del tronco encefalico. Se sono colpiti dalla paralisi anche il diaframma e i muscoli intercostali, raramente si sviluppa insufficienza respiratoria. A distanza di anni da una poliomielite paralitica può insorgere una sindrome postpoliomielitica, caratterizzata da affaticamento muscolare cronico, diminuzione della resistenza fisica, debolezza generalizzata, fascicolazioni, atrofia.

Le indagini diagnostiche che permettono di individuare la poliomielite sono la puntura lombare, la coltura virale (feci, faringe, liquido cerebrospinale), la reazione a catena della trascrittasi polimerasi inversa del sangue o del liquido cerebrospinale, il test sierologico per i sierotipi di poliovirus (compresi altri enterovirus e il virus West Nile).

Nelle forme sintomatiche ma senza sintomatologia a carico del sistema nervoso centrale, come nel caso della poliomielite abortiva, la diagnosi spesso non viene posta, se non in occasione di una epidemia, perché la malattia assomiglia ad altre comuni infezioni virali sistemiche.

Poiché anche la poliomielite non paralitica è simile ad altre meningiti virali, la diagnosi è rilevata grazie alla puntura lombare che evidenzia nel liquido cerebrospinale glucosio normale, proteine lievemente aumentate, presenza di linfociti. L'infezione da poliovirus viene confermata da un titolo anticorpale specifico e dalla positività al tampone faringeo e delle feci. Tuttavia, questi accertamenti diagnostici non sono considerati necessari in caso di meningite asettica non complicata.

Si deve sospettare una poliomielite paralitica in bambini sintomatici che non sono immunizzati o in giovani adulti che presentano paralisi flaccida asimmetrica degli arti o paralisi bulbare, senza perdita di sensibilità durante la malattia febbrile acuta. Per fare diagnosi differenziale - dall'infezione da virus West Nile, mielite trasversa, poliradiculoneurite, neurite traumatica, neurite neoplastica e dalla sindrome di Guillain Barrè che presentano sintomatologia simile – è opportuno eseguire sempre, dopo l'accertamento anamnestico vaccinale ed epidemiologico, anche la coltura virale dei tamponi faringei, delle feci e del liquor, la Pcr e specifici test anticorpali. Solo l'isolamento e la tipizzazione dell'agente virale consente una diagnosi certa.

Mentre nella poliomielite non paralitica la guarigione è completa, nella forma paralitica possono persistere in maniera permanente alcuni disturbi neurologici come una debolezza cronica. Dati epidemiologici evidenziano che la guarigione è maggiormente probabile in coloro che hanno subito una paralisi bulbare piuttosto che una paralisi periferica. La mortalità, variabile tra il 4 e il 6%, peggiora sino al 10-20% negli adulti con interessamento bulbare. Secondo i dati Oms una infezione ogni duecento evolve in una paralisi irreversibile e il 5-10% dei malati muore a causa della paralisi dei muscoli dell'apparato respiratorio. Per soffocamento.

Il trattamento della poliomielite prevede una terapia di supporto con riposo, analgesici, antipiretici per controllare i sintomi a seconda del sierotipo e della gravità poiché non esiste una terapia specifica antivirale. Si rende necessaria, inoltre, la gestione di potenziali complicanze che potrebbero insorgere durante la fase della mielite attiva a causa dell'allettamento prolungato e dell'immobilità protratta: trombosi venosa profonda, atelettasia, infezioni delle vie urinarie, retrazioni.

Se insorge un'insufficienza respiratoria può essere necessaria la ventilazione meccanica in terapia intensiva. Un tempo si finiva dentro il polmone d'acciaio, un macchinario che serviva per la respirazione artificiale per tenere in vita i malati di poliomielite, oggi sostituito con i ventilatori CPAP (Continuos Positive Airway Pressure)

Non essendoci cura specifica, è fondamentale pertanto la prevenzione mediante il vaccino contro la poliomielite che viene somministrato, secondo il programma di vaccinazione raccomandato dall'Oms, all'età di 2 mesi, 4 mesi e dai 6 ai 18 mesi con una dose di richiamo tra i 4 e i 6 anni. Sono stati sviluppati due tipi di vaccino: il vaccino con poliovirus inattivato di Salk (IPV, Inactivated Poliovirus Vaccine) e il vaccino orale antipolio vivo attenuato (OPV).

L'OPV non è più somministrato in alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, poiché le evidenze scientifiche hanno dimostrato che può provocare la poliomielite da vaccino. L'OPV, replicandosi nell'intestino, è transitoriamente escreto con le feci e può quindi essere trasmesso per via oro fecale ad altri individui, immunizzando potenzialmente individui che non hanno ancora ricevuto il vaccino.

Tuttavia, il passaggio attraverso più soggetti può portare a mutazioni del virus del vaccino e ad un ceppo, il poliovirus derivato da vaccino, che può causare poliomielite paralitica. Il rischio è di 1 caso ogni 2 milioni e 400 mila dosi di vaccino orale antipolio. Per evitare l'insorgenza di focolai derivanti da virus circolanti derivati da vaccino geneticamente divergenti, si preferisce oggi somministrare il vaccino IPV che ha il virus polio inattivato e al quale non si associano effetti avversi seri.

Presso il Ministero della Salute è conservata una scorta di vaccino orale attivo come misura precauzionale in caso di emergenza e di importazione del virus. È stato istituito dall'Oms un sistema di sorveglianza mondiale che in Italia è condotto dal 1996 dall'Istituto Superiore di Sanità attraverso il progetto di sorveglianza delle paralisi flaccide acute (AFP) per monitorare annualmente i casi di paralisi segnalati. Scopo dell'indagine è verificare l'eliminazione della poliomielite dovuta a poliovirus selvaggi in Italia.

La poliomielite è stata eradicata completamente in Europa dagli anni Ottanta, ma purtroppo la malattia non è ancora sotto controllo in molti Paesi, anche confinanti. Inoltre, in questi ultimi giorni sono state rinvenute tracce del poliovirus nelle acque reflue di Londra. È probabile che siano casi dovuti all'introduzione del virus nella comunità londinese da persone con infezioni asintomatiche o da alimenti contaminati provenienti da individui di paesi dove la malattia è ancora endemica.

I programmi vaccinali dell'Unicef prevedono l'eradicazione globale della malattia, come è stato per il vaiolo nel 1978 ma fino a quando il ciclo di trasmissione della poliomielite non sarà interrotto a livello mondiale, è opportuno mantenere alta la copertura vaccinale della popolazione, anche tra gli adulti che non hanno ancora ricevuto il vaccino e anche in quelle comunità con un buon livello igienico sanitario.

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