La medicina nell'antica Grecia: la nascita di una scienza

2022-07-23 10:39:43 By : Mr. Gang He

«E Macaone vi raccogli, e ratto / sferza i cavalli al mar, salva quel prode, / ch’egli val molte vite, e non ha pari / nel cavar dardi dalle piaghe, e spargerle / di balsamiche stille», Iliade, XI, 690. L'eroe menzionato da Omero nell'Iliade è Macaone, fratello di Polidario e figlio del dio della medicina Asclepio, o Esculapio per i romani. Entrambi i fratelli combatterono tra le fila degli achei davanti alle mura di Troia, e si presero cura dei feriti dell'esercito di Agamennone. Erano dunque personaggi molto apprezzati sia per il loro coraggio in battaglia sia per le loro conoscenze chirurgiche.

È sempre Omero a tramandarci che il medico, chiamato iatrós in greco, assume la qualifica sociale di demioergós, «servo pubblico», proprio come l'indovino, il maestro carpentiere o colui che recita i poemi. Si trattava dunque di un mestiere riconosciuto e sappiamo dell'esistenza di medici itineranti che circolavano per la Grecia arcaica. Uno di loro visse nel VI secolo a.C. Democede di Crotone e, secondo quanto ci tramanda lo storico Erodoto, trascorse gli ultimi anni della sua vita presso la corte del re persiano Dario I.

Ma la figura che marcò con la sua sapienza e si suoi scritti la tappa della medicina greca che chiamiamo "tecnica" o "scientifica" è quella di Ippocrate, che visse più o meno tra il 440 e il 360 a.C. Ippocrate era nato a Kos, l'isola in cui svolse la maggior parte della sua attività e dove fondò la scuola che avrebbe portato il suo nome. A lui è attribuita la Teoria umorale secondo cui il corpo umano è composto da quattro elementi: bile nera, bile gialla, sangue e flegma. Ciascun umore si relaziona con un elemento – rispettivamente terra, fuoco, aria e acqua – e con una qualità atmosferica. L'eccesso o la mancanza di uno di questi quattro elementi determina lo stato di salute del malato. La teoria è contenuta nei primi trattati ippocratici, all'origine di quello che sarebbe poi diventato il Corpus ippocratico, una collezione di quasi settanta testi medici che costituirono una biblioteca pioniera specializzata nella teoria e nella pratica della curazione.

Il Corpus raccoglie e esamina numerosi dati su malattie e aspetti dell'arte medica: anatomia, fisiologia, ginecologia, patologia, epidemiologia e chirurgia. Nel trattato si fa enfasi sull'osservazione minuziosa dei malati e delle loro dolenze, e si fa spesso riferimento all'alimentazione e alla nutrizione, cosa che non sorprende visto che la farmacologia era ancora in fase rudimentale e la chirurgia interna aveva un ruolo molto limitato. È importante l'attenzione a quella che chiameremo medicina preventiva e soprattutto all'evoluzione del processo della malattia, ai sintomi che permettono di conoscere la crisi, fare un pronostico e orientare il miglioramento.

Inizia a sorgere una medicina empirica e razionale, priva di qualsiasi elemento magico o componente religiosa

Questo concetto di physis o natura come insieme di fenomeni che lo studio deve spiegare attraverso ragioni ed esperimenti è comune ai primi filosofi, i sofisti, e ai discepoli di Ippocrate. Questo tipo di medicina empirica e razionale, priva di qualsiasi componente magica o religiosa sorge in chiara contrapposizione con tradizioni mediche molto più antiche, come quella cinese o egizia. Nonostante la difficoltà di valutare con un criterio attuale il livello scientifico di questa medicina – che nulla sapeva dei microbi, della circolazione del sangue o della chimica moderna – continua a stupire l'orientazione metodica e obiettiva che caratterizza questa téchne iatriké, il mestiere di curare.

In contrapposizione con la metodologia dei discepoli di Ippocrate e di altre scuole (come quelle della costa di Cnido, in Asia minore, o di Crotone), in Grecia proliferavano anche i luoghi dove si praticava piuttosto una medicina religiosa. Il centro nevralgico di quest'altra attività curativa erano senza dubbio i santuari del dio Asclepio, dove si prestava ai malati un altro tipo di cura, che agisce miracolosamente grazie all'intervento e alla magnanimità del dio. Spinti dalla fede, i malati giungevano nei santuari per sottomettersi ad alcuni riti purificatori, che di solito comprendevano bagni e preghiere, e specialmente l'incubatio, ovvero dormire di notte sul pavimento del suolo sacro dove erano raggiunti, in sogno, dalla voce divina che li sanava.

La fama del culto di Asclepio e dei suoi santuari – a Cos, Epidauro, Atene e altre città – iniziò a svilupparsi alla fine del V secolo a.C e crebbe in epoca ellenistica. Asclepio, figlio di Apollo, era un dio benevolo e compassivo. Le rovine di alcuni santuari ne testimoniano il prestigio e la ricchezza: quello di Epidauro, per esempio, comprendeva un magnifico teatro. D'altro canto le iscrizioni conservate in forma di brevi exvoto dei malati grati, come i cosiddetti iámata di Epidauro, testimoniano diverse e pittoresche «guarigioni» miracolose del dio.

In questo bassorilievo votivo del santuario di Asclepio del Pireo appare il dio, che impone le mani su una moribonda, e la figlia Igea. IV secolo a.C. Foto: Bridgeman / Aci



alcuni pazienti che sembravano incurabili.

Sembra che i sacerdoti dei templi di Asclepio andassero molto d'accordo con i medici ippocratici, e può anche darsi che alcuni di loro inviassero ai discepoli di Ippocrate

Invece alcuni ippocratici etichettavano come impostori i guaritori, maghi, stregoni e in generale tutti coloro che offrivano rimedi magici.

L'apprendimento della tecnica medica era legato a uno stretto vincolo personale tra i discepoli e il maestro, sia a scuola sia nella vita professionale. Da qui deriva l'interesse storico di un documento chiamato «giuramento ippocratico», in cui sono elencati i doveri del medico verso il suo maestro e la sua famiglia, e anche verso i malati. I futuri medici giurano solennemente per Asclepio e per le sue figlie Igea e Panacea di «rispettare il suo maestro come se si trattasse di suo padre, condividere con lui i propri beni, prendersi cura della sua famiglia e insegnare la medicina ai suoi figli, qualora avessero voluto impararla, così come ad altri discepoli, e a nessun altro». D'altra parte il medico si impegna ad esercitare la professione nel rispetto di alcune regole: non somministrare veleno né rimedi abortivi – anche se espressamente richiesto dal paziente –, non rivelare i segreti dei malati; astenersi dalle relazioni sessuali nelle dimore che visitano; non realizzare operazioni chirurgiche se non sono specialisti nel campo.

Gli ippocratici si prendevano molta cura della relazione tra i medici e i malati, credendo che la buona disposizione animica del paziente favorisse una pronta guarigione. Erano anche molto attenti al loro prestigio, alla buona fama che il giuramento menziona come premio per coloro che rispettano le regole, di fronte al castigo e all'infamia di altri. Coloro che esercitavano la medicina non potevano contare su un titolo ufficiale ma dovevano piuttosto guadagnarsi il rispetto dei loro clienti: la fiducia nelle loro capacità era importantissima al momento di stabilire delle tariffe. Forse per questo motivo qualche testo consiglia di non impegnarsi nel trattare malati terminali. D'altra parte il medico non faceva distinzione e prestava le sue cure a persone libere e a schiavi. Però Platone avvertiva che, mentre bisognava spiegare bene le cause dei loro mali alle persone libere, questo passaggio poteva essere omesso nel caso degli schiavi, ai quali bastava semplicemente prescrivere la cura.

Con il passare dei secoli l'arte medica si sviluppò ulteriormente. Nel Museo di Alessandria Erofilo di Calcedonia e Erasistrato di Ceo, vissuti a cavallo tra il IV e il III secolo a.C., fecero degli enormi progressi nella conoscenza dell'anatomia e del sistema nervoso, di certo sotto l'influsso di studi del filosofo Aristotele (inventore dell'anatomia comparata) e dalle loro stesse analisi condotte in seguito alla dissezione di corpi umani. In Grecia, per questioni religiose, questa pratica poteva essere realizzata solo sui corpi di animali ma non sugli esseri umani. Ad Alessandria si sezionavano i corpi vivi di condannati a morte per osservare meglio il funzionamento del sangue e degli organi interni.

Grazie a queste analisi ad Alessandria e a Roma si svilupparono diverse correnti mediche, ma tutte loro furono superate dall'opera e dalla fama di Galeno di Pergamo, vissuto nel II secolo d.C. Galeno scrisse molti libri, ebbe una carriera stratosferica e fu il medico di diversi imperatori romani, da Marco Aurelio a Settimio Severo. Le sue opere furono copiate e commentate per secoli da greci, romani, arabi e cristiani, e il nome di Galeno in spagnolo ha costituito per secoli il sinonimo di medico per antonomasia.

I grandi passi in avanti della scienza media a partire dal XVI secolo fanno sí che la medicina ellenica ci sembri molto lontana da quella attuale. E invece il modo di procedere del personale sanitario odierno, e del mondo scientifico in generale, proviene proprio dal valore dell'osservazione e dell'analisi che a cuore stava a Ippocrate e ai suoi discepoli.

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