Tourniquet ed accesso intraosseo: i game changer nell’emorragia massiva

2021-12-27 18:18:15 By : Ms. Joanna Liang

Emergency Live - Il giornale online dell'emergenza per soccorritori, medici, infermieri, vigili del fuoco e volontari

Autori: Andrea Clemente, Mauro Milos, Alberto Peratoner SSD 118 Trieste – Dipartimento ad attività integrata di Emergenza, Urgenza ed Accettazione – Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina.

Il Sistema 118 di Trieste ha deciso di assegnare a tutte le ambulanze di soccorso avanzato il dispositivo di accesso intraosseo EZ-IO® e formare il proprio personale sanitario alla gestione dell’emorragie massive giunzionali e degli arti aderendo alla campagna “Stop the bleed”, promossa dall’American College of Surgeon ed importata in Italia dalla Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza e del Trauma.

Ogni anno a livello mondiale il trauma è responsabile di una consistente percentuale di mortalità della popolazione.

Il World Health Organization ha stimato che nell’anno 2012 sono morte a causa di eventi traumatici 5,1 milioni di persone, pari al 9,2% dei decessi a livello mondiale (tasso di mortalità pari a 83 casi ogni 100.000 abitanti).

Il 50% delle persone decedute aveva un’età compresa tra i 15 e 44 anni, con una mortalità maschile doppia rispetto quella femminile(1).

In Italia il trauma è responsabile del 5% delle morti complessive annue (2) corrispondenti a circa 18.000 decessi, di cui 7000 causati da incidenti stradali, 4000 da infortuni domestici, 1300 da infortuni sul lavoro e 5000 per atti di delinquenza /o autolesione; è la causa inoltre di oltre 1 milione di ricoveri ospedalieri pari a circa il 10% dei ricoveri annuali totali (3).

Indipendentemente dal meccanismo del trauma, lo shock emorragico rappresenta la seconda causa di morte dopo le lesioni al sistema nervoso centrale.

L’emorragia è responsabile del 30-40% delle morti per trauma in ambito civile ed il 33-56% si verifica in ambiente extraospedaliero (4).

Il trattamento dell’emoragia è tanto più efficace quanto più precocemente avviene rispetto l’evento lesivo.

La perdita severa di sangue può portare rapidamente al cosiddetto “trauma triad of death” o “triade letale”: ipotermia, coagulopatia e acidosi metabolica.

L’emorragia massiva diminuisce il trasporto di ossigeno e può causare ipotermia con conseguente alterazione della cascata coagulativa.

In assenza di ossigeno e dei nutrienti normalmente trasportati dal sangue (ipoperfusione), le cellule passano a metabolismo anaerobio, causando il rilascio in circolo di acido lattico, corpi chetonici e altre componenti acide che abbassano il pH sanguigno provocando acidosi metabolica.

L’aumento dell’acidità danneggia tessuti ed organi del corpo e può ridurre la performance miocardica  compromettendo maggiormente il trasporto di ossigeno.

Dai conflitti occorsi in Iraq e Afghanistan abbiamo appreso che l’utilizzo immediato di tourniquet e bendaggi emostatici sono delle essenziali manovre salvavita.

Questa tematica è stata approfondita dal Committee on Tactical Combat Casuality Care (C-TCCC) dell’esercito americano, in risposta all’aumento preoccupante delle emorragie esterne, nei conflitti in Medio Oriente, provocate dall’uso consistente di ordigni esplosivi improvvisati (IED).

L’implementazione delle linee guida TCCC ha determinato una significativa riduzione del numero di morti da emorragia alle estremità (5).

Dall’esperienza maturata a livello militare, queste metodologie di trattamento hanno iniziato a diffondersi anche in ambito civile, soprattutto a seguito di attentati terroristici come quello avvenuto  durante la Maratona di Boston nel 2013 (6).

Azioni tempestive per il controllo delle emorragie da parte dei primi soccorritori, inclusi gli astanti, possono costituire un punto cruciale nella riduzione delle morti prevenibili (7).

Negli Stati Uniti una delle strategie che si è dimostrata efficace nel ridurre la mortalità da emorragia massiva è stata quella di dotare di dispositivi di controllo delle emorragie con relativa formazione, sia il personale sanitario sia i “first responders” ( poliziotti e vigili del fuoco) (8).

Nei servizi di emergenza medica in ambito civile il bendaggio compressivo utilizzato nelle emorragie massive risulta spesso inadeguato, efficace solo quando viene effettuata una compressione manuale diretta che non è sempre possibile garantire in caso di feriti multipli o maxi emergenze (5).

Il tourniquet ha un unico scopo: prevenire lo shock emorragico ed il dissanguamento da emorragia degli arti.

E’stato scientificamente dimostrato come la sua applicazione sia indubbiamente salvavita. I pazienti che vanno incontro a shock ipovolemico traumatico, hanno statisticamente una prognosi severa con scarse percentuali di sopravvivenza.

Le evidenze raccolte in ambito militare hanno dimostrato che i feriti a cui è stato applicato un tourniquet prima dell’insorgenza dello shock ipovolemico hanno un tasso di sopravvivenza del 90%, rispetto al 20% quando il tourniquet è stato applicato dopo i primi sintomi di shock (9).

L’utilizzo precoce del toruniquet riduce la necessità di reintegro volemico con cristalloidi in ambiente extraospedaliero (emodiluizione, ipotermia) e di emoderivati in ambiente ospedaliero (coagulopatie), evitando di peggiorare ulteriormente i fattori coinvolti nella triade letale (10).

Durante il conflitto in Vietnam il 9% delle morti è stato causato da dissanguamento, mentre nei conflitti odierni si è ridotto al 2% grazie alla formazione sull’uso del tourniquet e la sua capillare diffusione.

Il tasso di sopravvivenza tra i soldati trattati con tourniquet vs quelli in cui non è stato applicato è 87% vs. 0% (9).

L’analisi di 6 studi internazionali ha riportato un tasso di amputazione del 19% degli arti coinvolti.

Queste amputazioni probabilmente sono state causate dalla vasta entità delle lesioni primarie e non descritte come complicanze secondarie all’utilizzo del tourniquet (11).

In due rilevanti studi in ambito militare è emerso che il tasso di complicanze dovute all’uso del tourniquet variava tra 0,2% (12) e 1,7% (9).

Altri studi hanno evidenziato un’assenza di complicazioni di tourniquet rimasti in sede tra le 3 e 4 ore (13,14).

Le 6 ore sono considerate il limite massimo per la sopravvivenza dell’arto (15).

La campagna “Stop the Bleed” è stata promossa a livello statunitense da un gruppo di lavoro tra varie agenzie indetto dal Department of Homeland Security del “National Security Councill Staff” della Casa Bianca, con l’obiettivo di costituire resilienza tra la popolazione aumentando la consapevolezza riguardo le azioni basilari per fermare emorragie pericolose per la vita causate sia da eventi accidentali della vita di tutti i giorni sia da eventi disastrosi di tipo naturale o terroristica.

Tra i principali promotori di questa campagna  vi sono il “Committee on Trauma” dell’American College of Surgeons e l’Hartford Consensus.

Il sanguinamento non controllato è considerato la prima causa di morte prevenibile da trauma.

Caposaldo del tempestivo intervento è l’utilizzo di astanti come primi soccorritori per gestire l’emorragia massiva fino all’arrivo del soccorso professionale, appurato che l’intervento è efficace entro i primi 5-10 minuti.

Il personale sanitario del sistema 118 Trieste ha partecipato al corso “Stop the Bleed”, importato in Italia dalla Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza e del Trauma, con l’obiettivo di uniformare i comportamenti sull’utilizzo corretto del tourniquet, attualmente in dotazione su tutti i mezzi di soccorso della Provincia..

In ambito preospedaliero risulta spesso fondamentale garantire rapidamente un accesso vascolare, ma il suo posizionamento risulta spesso problematico (16,17).

Lo standard rimane l’accesso venoso periferico, ma in caso di compromissione delle funzioni vitali, il suo reperimento può essere difficile o richiedere troppo tempo.

Fattori ambientali quali scarsa illuminazione, spazi limitati, difficoltà nell’accesso al paziente o fattori clinici quali vasocostrizione periferica nel paziente in shock o ipotermico, scarso patrimonio venoso dovuto a terapia endovenosa o obesità, possono rendere difficoltoso l’ottenimento dell’accesso venoso periferico.

Vittime di traumi con dinamica maggiore, arresti cardiaci o sepsi potrebbero richiedere un accesso vascolare immediato.

Nel paziente pediatrico, l’ottenimento di un accesso vascolare può essere tecnicamente difficile (18).

Il tasso di successo nel posizionamento dell’accesso venoso periferico al primo tentativo in ambito extraospedaliero è del 74% (19,20) e si riduce a meno del 50% in caso di arresto cardiaco (20).

Nei pazienti in shock emorragico sono richiesti, in media, 20 minuti per ottenere un acceso venoso periferico (21).

La valida alternativa all’accesso venoso periferico è l’accesso intraosseo: esso viene ottenuto con tempistiche molto più rapide rispetto al reperimento della vena periferica (50±9 s vs 70±30 s) (22).

In ambito intraospedaliero in pazienti in ACR con vene periferiche non reperibili, l’accesso intraosseo ha dimostrato un maggior tasso di successo in minor tempo rispetto al posizionamento del CVC (85% vs 60% ; 2 min vs 8 min) (23), inoltre la procedura non richiede l’interruzione delle compressioni toraciche e di conseguenza potrebbe migliorare la sopravvivenza del paziente (24).

Anche EuropeanResucitationCouncil raccomanda l’accesso intraosseo come valida alternativa in caso di mancato reperimento della vena periferica nel paziente adulto (25) e come prima scelta nel paziente pediatrico (26).

A partire da aprile 2019 il sistema di accesso intraosseo EZ-IO® è stato reso operativo su tutte le ambulanze di soccorso avanzato del sistema 118 di ASUITS, previa formazione degli infermieri e divulgazione di procedure operative, precedentemente solo l’automedica ne era dotata.

La diffusione del presidio a tutte le ambulanze permette di garantire rapidamente un accesso vascolare, ridurre le tempistiche di trattamento e aumentare ulteriormente la qualità delle prestazioni rivolte ai cittadini.

Diversi studi hanno dimostrato che EZ-IO® è un sistema efficace di reperimento dell’accesso intraosseo: il tasso di successo complessivo è molto alto (99,6%27; 98,8%28; 90%29) come anche quello relativo al posizionamento con successo al primo tentativo (85,9%27; 94%28; 85%23) ed è caratterizzato da una curva di apprendimento molto rapida (29).

L’accesso intraosseo risulta equivalente all’accesso venoso periferico in termini di farmacocinetica ed efficacia clinica (30) ed il tasso di complicanze è inferiore all’1% (24).

Alle 18.35 il sistema 118 Trieste veniva attivato dalla Sala Operativa Regionale Emergenza Sanitaria FVG per rispondere ad un codice giallo traumatico a domicilio.

Alle 18.44 l’ambulanza giungeva sul posto e l’equipaggio veniva accompagnato dai parenti dalla paziente che si trovava in bagno.

Donna obesa di 70 anni, seduta sul water e riversa all’indietro incosciente (GCS 7 E 1 V2 M 4), con respiro russante, pallida, diaforetica, polso carotideo appena percepibile, tempo di refill capillare > 4 secondi.

Ai piedi dell’assistita era presente una vasta chiazza di sangue; agli arti inferiori erano evidenti ulcere vascolari e, intorno al polpaccio dx, era avvolto un asciugamano, anch’esso imbibito di sangue.

Alle 18.46 veniva richiesta l’automedica in codice rosso e mobilitati i Vigili del Fuoco per supporto nel trasporto della persona assistita, considerato lo stato ponderale e lo spazio ristretto in cui si trovava.

Rimosso l’asciugamano veniva individuata un’emorragia da probabile rottura vascolare in sede di ulcuscruris, localizzata nella parte posteriore del polpaccio.

Vista l’impossibilità di garantire un’efficace compressione diretta e di dedicare un operatore a tale scopo, veniva immediatamente posizionato il Combat Application Touriniquet (C.A.T.) interrompendo l’emorragia e contestualmente non si individuavano altre foci emorragiche.

Veniva iperesteso il capo ed applicato O2 con FiO2 100% con scomparsa del respiro russante.

Considerato lo stato di shock e l’obesità, risultava impossibile reperire un accesso venoso periferico, per cui, dopo il primo tentativo, veniva posizionato un accesso intraosseo in sede omerale destra con sistema EZ-IO® con ago da 45mm.

Il corretto posizionamento dell’accesso veniva confermato da: stabilità dell’ago, aspirazione di sangue sieroso e facilità di infusone del push di 10 ml SF. Veniva iniziata infusione di Soluzione Fisiologica 500 ml con spremi-sacca ed immobilizzato l’arto con una mitella.

Al posizionamento del monitoraggio ECG risultava una FC di 80 ritmica, PA ed SpO2 non rilevabili.

Si procedeva quindi ad eseguire una medicazione compressiva sul punto di sanguinamento.

Da una rapida raccolta anamnestica la paziente risultava essere affetta da ipertiroidismo, ipertensione arteriosa, dislipidemia, OSAS in CPAP notturna, fibrillazione atriale in TAO.

Risultava inoltre essere seguita dalla Chirurgia Plastica e dalle Malattie Infettive per ulcere arti inferiori con dermoipodermite da MRSA, P. Mirabilis e P. Aeruginosa ed in terapia con: tapazole 5mg ore 8, bisoprololo 1,25mg h 8, diltiazem 60mg ogni 8 ore, coumadin secondo INR.

Alle ore 18.55 giungeva sul posto l’automedica.

La paziente si presentava con GCS 9 (E 2, V 2, M 5), FC 80r, PA 75/40, SpO2 98% con FiO2 100%.

Veniva somministrato acido tranexamico 1000mg EV.

Con l’aiuto dei Vigili del Fuoco si procedeva alla mobilizzazione con sedia portantina e successivamente in barella.

In ambulanza la paziente si presentava con GCS 13 (E 3, V 4, M 6), PA 105/80, FC 80r e SpO2 98% con FiO2 100%.

L’accesso intraosseo omerale destro risultava essersi dislocato durante le fasi di mobilizzazione, per cui veniva immediatamente posizionato con successo un altro accesso intraosseo in sede omerale sinistra e continuata l’infusione di liquidi.

Visto il miglioramento dei parametri vitali si procedeva a terapia analgesica con fentanest 0,1mg e venivano infusi in totale 500ml soluzione fisiologica e 200ml di ringeracetato.

Alle 19.25 l’ambulanza, con il medico a bordo, partiva in codice rosso verso il Pronto Soccorso di Cattinara.

Venivano allertati chirurgo, rianimazione e banca del sangue. L’ambulanza arrivava in PS alle ore 19.30.

Dal primo emocromo risultava: emoglobina 5 g/dL, globuli rossi 2.27 x 103µL, ematocrito 16,8%, mentre per quanto riguarda la coagulazione: INR 3.55, secondi 42,3, Ratio 3,74.

La paziente veniva ricoverata in medicina d’urgenza e sottoposta ad emotrasfusioni per un totale di 7 unità di emazie concentrate e ciclo antibiotico con dabavancina e cefepime.

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