Come si possono curare le lesioni cutanee difficili con la medicina a distanza (e si risparmia tempo)- Corriere.it

2022-06-04 02:21:34 By : Mr. Hubert Hu

Abbiamo scollegato in automatico la tua precedente sessione

Puoi navigare al massimo da 3 dispositivi o browser

Per continuare la navigazione devi scollegare un'altra sessione

Da mobile puoi navigare al massimo da 2 dispositivi o browser.

Per continuare la navigazione devi scollegare un'altra sessione.

Salva questo articolo e leggilo quando vuoi. Il servizio è dedicato agli utenti registrati.

Trovi tutti gli articoli salvati nella tua area personale nella sezione preferiti e sull'app Corriere News.

Le «piaghe» croniche rappresentano una patologia in crescita esponenziale. In Italia non esiste una vera e propria rete di centri e la telemedicina può ovviare a tale carenza

Chiamatele pure con il loro nome classico: piaghe. Sono le lesioni della cute «difficili», quelle che non guariscono nei tempi e nei modi consueti ; ferite che hanno bisogno di una particolare attenzione e intensità terapeutica. Come si formano? A causa di traumi di differente natura o dovute a interventi chirurgici , quelle cosiddette acute . Legate ad altre patologie (come diabete; artrite reumatoide o lupus; malattia di tipo vascolare arteriosa e venosa ), quelle croniche . A volte si formano nei pazienti allettati, quando non sono ben accuditi e si definiscono lesioni da pressione, comunemente note come ulcere da decubito .

«Le lesioni croniche cutanee rappresentano una patologia in crescita esponenziale di elevato significato sociale in termini di spesa pubblica assistenziale anche per la perdita, in chi ne è affetto, di giornate lavorative . «Colpiscono verosimilmente circa l’1-1,5% della popolazione adulta e in modo particolare quella geriatrica, assumendo caratteri di particolare gravità, tanto da rappresentare da molto tempo un problema sanitario di notevole rilevanza e oggi è un’autentica emergenza sociale», sottolinea Giovanni Vito Corona , direttore dell’Unità di Oncologia critica territoriale e cure palliative dell’Azienda sanitaria di Potenza.

Negli ultimi dieci anni la Vulnologia (o wound care, in inglese) , cioè la branca della medicina che si occupa appunto di questi casi è stata traghettata da una fase empirica a una nella quale si sono affermati presupposti scientifici certi in grado di produrre cure appropriate, basate su evidenze . Nello stesso tempo, però, non si è registrata una crescita paragonabile dei modelli di cura : prevale ancora la cultura della «gestione ambulatoriale» della ferita che non riesce ad essere sostituita da modelli in grado di fornire garanzie di efficacia e appropriatezza clinica.

Tecnologia affidabile La telemedicina potrebbe risolvere tali criticità : la tecnologia che la supporta è oggi affidabile e la legislazione in merito ha fatto chiarezza sul suo ruolo, attribuendole, tra l’altro, finanziamenti mirati in attesa solo di essere utilizzati in modo adeguato. «Non c’è neppure bisogno di spiegare cosa la telemedicina può fare per la wound care», sottolinea il professor Sergio Pillon , coordinatore della Trasformazione digitale all’Asl di Frosinone. Basta pensare all’identikit dei pazienti con ferite difficili.

La telemedicina potrebbe risolvere tali criticità

«Sono a buon diritto definibili “fragili” perché questa patologia colpisce in massima parte anziani, disabili, pazienti con patologie croniche spesso immobilizzati o con ridotta mobilità e la malattia determina inoltre una condizione aggiuntiva di ridotta mobilità — aggiunge Pillon, per dieci anni responsabile dell’Unità operativa di telemedicina dell’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma —. Il trattamento delle ferite difficili richiede nella maggior parte dei casi medicazioni ogni due giorni , che comportano spostamenti di personale specializzato o del paziente stesso, infine spesso è necessario attivare competenze polispecialistiche , (chirurgo vascolare e chirurgo plastico, diabetologo, angiologo, infettivologo, nefrologo…)».

Manca una rete di centri specializzati

L’Italia ha ancora tanta strada da fare nell’organizzazione di servizi e assistenza dedicata, ma non parte proprio da zero. Nel tempo sono state attivate alcune esperienze di eccellenza, ma non una rete di centri vera e propria . «Al San Camillo di Roma, grazie alla collaborazione tra medici e pazienti nella condivisione di foto dell’area da trattare, tramite strumenti quotidiani quali indirizzi di posta elettronica, formando i caregiver e fornendo il materiale di medicazione, si è riscontrata una riduzione dei costi di gestione del paziente del 37% per la struttura sanitaria.

« Il paziente ne beneficia oltre che dal punto di vista logistico (non dovendosi recare di frequente in ospedale) anche da quello fisico , la lesione infatti viene trattata con maggior costanza e cura fino alla completa guarigione , che in telemedicina avviene , dai nostri dati, nel 93% dei casi e senza la telemedicina nel 75% . Oggi l’esperienza prosegue nella Asl di Frosinone, con il dottor Alessandro Greco. La telemedicina consente di far muovere le informazioni e non i pazienti . In uno dei Paesi più longevi al mondo, come il nostro, conviene pensare alle nuove espressioni della medicina come un investimento necessario» conclude Pillon.

Un contatto veloce con i giornalisti della redazione Salute del Corriere della Sera

Autorizzaci a leggere i tuoi dati di navigazione per attività di analisi e profilazione. Così la tua area personale sarà sempre più ricca di contenuti in linea con i tuoi interessi.