Sempre più meduse: cosa fare (e non fare) in caso di contatto | Fondazione Umberto Veronesi

2022-06-25 06:23:25 By : Ms. Joyce Li

Medici e scienziati lavorano ogni giorno per nuove terapie e cure

Le meduse sono sempre più numerose nei nostri mari. E, anche se stabilirne il numero è pressoché impossibile, l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha messo in atto un’attività rivolta allo sviluppo di un metodo per l’individuazione satellitare di banchi di meduse (bloom) al largo, con l’obiettivo di sviluppare un sistema di difesa delle zone più vicine alla costa, utile a evitare che finiscano nelle reti dei pescatori e che costituivano un pericolo per i turisti. Infatti quegli splendidi animali dall’aspetto gelatinoso e dai colori scintillanti, posseggono filamenti fluorescenti capaci di irritare la nostra pelle. È bene dunque sapere come comportarsi nel caso di un incontro con una medusa e/o con il suo liquido urticante, soprattutto se di mezzo ci sono i bambini.

«L’aumento del numero delle meduse presenti alle nostre latitudini», spiega Sebastian Cristaldi, medico di Pediatria dell'Emergenza del Bambino Gesù, «determina ovviamente la maggior probabilità di incontrarle. È questo il vero rischio, non tanto la pericolosità in sé di questi animali marini che, nella maggior parte dei casi, procurano solo sintomi locali, dolore in primis. Al primo contatto tra la pelle e la medusa, chi ne è colpito (molti sono bambini che trascorrono tante ore in acqua tra giochi e bagni) percepisce un forte bruciore e dolore. Subito dopo la pelle si irrita, diventa rossa, e compaiono piccoli pomfi (rigonfiamenti) che somigliano all’orticaria. La sensazione di bruciore comincia ad attenuarsi dopo 10-20 minuti. Poi, si inizia ad avvertire un un intenso prurito. Bisogna precisare inoltre che la medusa non punge, né morde. I suoi tentacoli emettono una sostanza urticante per la pelle che causa irritazioni dolorose della pelle, gonfiore e arrossamento. Per avere questa reazione cutanea, non è necessario essere sfiorati dalla medusa: basta solo entrare in contatto con il liquido urticante liberato attraverso i suoi filamenti».

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«La prima cosa da fare - prosegue Cristaldi - è tranquillizzarsi perché, specialmente in mare, è pericoloso perdere il controllo, discorso ancora più valido quando ci sono di mezzo i bambini. Il bambino va dunque rasserenato. Se si è vicini alla riva, è bene farlo uscire dall'acqua. Se ci si trova al largo, bisogna sorreggere il bambino e richiamare l'attenzione per farsi aiutare, specie se anche l'adulto che è con lui è venuto a contatto con la medusa. Per prima cosa è utile verificare che non vi siano parti di tentacoli della medusa attaccati alla pelle e, nel caso, eliminarli delicatamente con le mani. Per farlo si può utilizzare l’acqua di mare sulla parte interessata per tentare di diluire la sostanza tossica non ancora penetrata».

«La medicazione corretta consiste poi nell'applicazione di gel astringente al cloruro d’alluminio dall'immediata azione anti-prurito e in grado di bloccare la diffusione delle tossine. Si tratta di un farmaco da banco facilmente rintracciabile nelle farmacie. Purtroppo però non è ancora diffusa in Italia l'abitudine di portare con sé questo gel, che è utile anche per le punture di zanzara. In mancanza di questa pomata, si può usare una crema al cortisone anche se ha un effetto più ritardato: entra in azione dopo 20-30 minuti dall'applicazione, cioè quando la reazione dovrebbe aver già superato il suo picco».

E’ importante inoltre evitare di grattarsi o di strofinare la sabbia sulla parte dolorante. Non bisogna neppure usare ammoniaca, aceto, alcool o succo di limone: peggiorerebbero la situazione. Bisogna infine tenere presente che l'area di pelle colpita dalle meduse rimane sensibile alla luce solare e tende a scurirsi rapidamente. Per evitare che la pelle si macchi, è bene evitare pomate antistaminiche e occorre tenere l'area colpita coperta o ben protetta da uno schermo solare, fino a quando la razione infiammatoria non scompare (non più di due settimane)».

«Se immediatamente dopo il contatto», conclude il pediatra di emergenza, «la reazione cutanea si diffonde e compaiono difficoltà respiratorie, pallore, sudorazione e disorientamento, chiamare il 118 e spiegare di cosa si tratta: si riceveranno le istruzioni sul da farsi in attesa che arrivi il personale di Pronto Soccorso. Si tratta comunque di situazioni molto rare».

L’aumento della temperatura dei mari, determinata dal cambiamento climatico e l’antropizzazione delle superfici marine e dei fondali, legata al numero crescente di attività svolte in mare, hanno modificato l’assetto della flora e della fauna acquatiche. A farne le spese, concordano biologi e scienziati di tutto il mondo, la conservazione della biodiversità e il conseguente incremento di alcune specie a discapito di altre e, nel caso specifico, il proliferare delle meduse. Come sottolineato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) l’aumento della temperatura delle acque favorisce la riproduzione delle meduse, che avviene con maggior facilità e in tempi più brevi e rende, al tempo stesso, più agevole anche l’ingresso nel Mediterraneo di nuove specie tropicali, le cosiddette specie aliene. Attualmente, si stima che le meduse aliene nel Mediterraneo siano circa 12 specie (tra cnidari e ctenofori), la maggior parte proveniente dal Canale di Suez, come, ad esempio, Rhopilema nomadica, che fu avvistata per la prima volta nel 1977 in Israele e successivamente lungo le coste di Turchia, Egitto, Malta, per poi diffondersi, in anni più recenti, anche in Italia e Spagna.

Un altro elemento chiave che ha determinato l’aumento delle meduse nei nostri mari è la pesca intensiva, che fa diminuire in maniera sempre più significativa il numero dei predatori di meduse. La presenza e l’eventuale introduzione di nuove specie aliene può essere più pericolosa nel Mediterraneo rispetto ad altri bacini perché il Mare Nostrum, nonostante costituisca meno dell’1 per cento dell’estensione totale delle acque marine del nostro pianeta, ospita circa il 7,5 per cento delle specie animali mondiali (circa 17.000, una ricchezza specifica 10 volte superiore alla media). Mediamente viene segnalata una nuova specie non indigena ogni 9 giorni, ma è quasi impossibile fornire un numero esatto di quelle che attualmente stanno trovando un ambiente favorevole lungo le nostre coste. Inoltre, data la particolare morfologia del Mediterraneo e in virtù dei collegamenti con i bacini adiacenti, l’incremento è stato nettamente superiore rispetto ad altri bacini come il Mar Nero, il Mar Baltico o l’Oceano Atlantico. Questa invasione porta l’involontaria firma dell’essere umano.

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Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   

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